Nel vivo del dibattito sulle città 30, su giornali ma soprattutto sui social, è importante rimettere al centro la sicurezza come aspetto cruciale. L’incidentalità in Italia è drammatica, siamo a otto morti al giorno e costi per 30mld/anno, con il 71% degli incidenti che avviene in ambito urbano.
Una strage silenziosa, più propriamente detta violenza stradale: nel nostro Paese nel 2022 sono morti 485 pedoni e 205 ciclisti (Rapporto ASAPS su dati ACI-Istat). Se vogliamo poi considerare gli incidenti con soli feriti, tutto va proprio nel dimenticatoio, inclusi i costi sanitari e sociali: cosa sappiamo ad esempio delle conseguenze che ha subito l’anziana signora travolta poche settimane fa sulle strisce di Via Barbacovi, da parte di un veicolo che si è rovesciato a seguito di uno scontro? Qui non si tratta di mettere in piedi una lotta ideologica contro l’automobilista – lo siamo peraltro tutti, nel paese con più auto per abitante – ma di condividere una serie di misure fisiche necessarie a mettere in condizioni noi cittadini di attraversare la strada, magari tenendo per mano i propri figli senza avere paura perché privi della “corazza” di protezione da 20 quintali.
L’80% dello spazio pubblico è rappresentato dalle strade, e i cittadini devono riprendersi le strade per usi diversi da quelli dell’automobile, perché lo spazio urbano oggi non è distribuito in modo democratico. E’ necessario impostare una nuova scala di priorità con camminabilità e pedalabilità al primo posto, seguiti dal deciso potenziamento del trasporto pubblico, infine le aree verdi, le sedute, i luoghi per il gioco dei bambini, elevando la qualità dell’ambiente e la sicurezza, realizzando così l’idea della città multimodale.
Ovunque in Europa e nel mondo si dimostra la bontà di queste soluzioni, che fanno anche guadagnare autonomia ai più piccoli; un bambino che va da solo a scuola, a piedi o in bicicletta, dimostra maggiore capacità di apprendimento, eppure la maggioranza delle famiglie continua ad accompagnare i figli a scuola in automobile.
La configurazione storica delle nostre città è solo un alibi per chi non condivide questo tipo di pensiero; anzi, dovrebbe essere proprio il motivo per ripensare l’utilizzo di spazi.
Per cercare di fare ordine nell’impazzimento comunicativo di questi giorni, va detto che implementare una zona 30 non significa fare dei pittogrammi sull’asfalto e piantare cartelli con il numero 30, e nemmeno installare rilevatori di velocità. Sono previste invece modifiche planimetriche e altimetriche della strada, che va ridisegnata, creando delle “chicane” per rallentare le auto attorno a spazi per i parcheggi nuovi o rivisti, oppure attorno a isole di verde, dopo aver allargato i marciapiedi e creato attraversamenti pedonali molto rialzati, cioè alti a sufficienza da obbligare l’auto a rallentare concretamente, del tipo già adottato dal Comune di Pergine: all’inizio duramente osteggiati, i dossi rallentatori sono ora molto apprezzati dai cittadini, con dati evidenti di riduzione degli scontri. E non vale l’obiezione che gli autobus non li possono attraversare, perché in Provincia di Bolzano i mezzi del trasporto pubblico se li trovano davanti diffusamente, e adeguano la velocità come tutti gli altri.
Altri elementi strategici e progettuali delle zone 30 includono la creazione di corsie preferenziali per il trasporto pubblico, di nuovi sensi unici, di sensi unici “eccetto bici”, e l’allargamento degli spazi per la ciclabilità, allo scopo di eliminare la convivenza tra pedoni e ciclisti, che crea la ben nota e sofferta conflittualità tra utenti deboli della strada.
Le auto non spariscono ma non sono più prioritarie, e restano anche i parcheggi. Logica conseguenza del ridisegno degli spazi è il disincentivo al traffico di attraversamento da parte di chi abbandona sistematicamente le strade ad alto scorrimento alla ricerca di scorciatoie per raggiungere i poli attrattori. L’implementazione di zone 30 in vari quartieri di Reggio Emilia, Ferrara, Cesena, Pesaro ha permesso di creare nuove isole ambientali, eliminando fette importanti di traffico passivo con punte del 50% nella fascia serale, restituendo nuova vivibilità alle zone residenziali.
La città di Trento ha impostato un buon percorso di sviluppo della rete per la ciclabilità. Siamo convinti che la sfida più importante futura sia creare le condizioni per potenziare il trasporto pubblico, a cominciare dalle indispensabili corsie preferenziali in entrambi i sensi del corso nord.
Luca Valdiserri e Paola di Caro sono due giornalisti del Corriere della Sera che hanno subito la peggiore delle tragedie, la perdita del figlio 18enne Francesco che mentre camminava su un marciapiede all’uscita dal cinema è stato falciato da una cittadina che guidava un’auto. Valdiserri afferma: “il 90% dei pedoni investiti a 30km/h si salva, il 70% a 40 km/h e solo il 15% a 50km/h. I numeri parlano con più precisione delle opinioni”.
Il Direttivo di FIAB Trento